Quinta puntata della nuova rubrica relativa a temi afferenti il calcio e le sue regole. A curarla è sempre l’amico Francesco Casarola, consulente di diritto sportivo e dottore di ricerca in Diritto ed Economia dello Sport. Un consiglio che diamo ai dirigenti ogni giovedì è quello di stampare questa pagina e conservarla per tenersi sempre aggiornati.
Insulto o presunto insulto razziale. Cosa dice il codice di giustizia sportiva FIGC?
Oggi parliamo della decisione della Corte Sportiva d’Appello Territoriale del Lazio del 9.02.2018 (Comunicato Ufficiale n. 279). In tale delibera l’organo di giustizia regionale ha deciso sui presunti insulti razziali proferiti da un calciatore nei confronti di un avversario durante la gara Sporting Bagnoregio – Nuova Pescia Romana, valida per la categoria Juniores Provinciali.
Il Giudice sportivo aveva comminato una sanzione di 10 giornate di squalifica al calciatore per la violazione dell’art. 11 c. 1 e 2 CGS.
La Nuova Pescia Romana aveva proposto ricorso affermando che l’offesa a sfondo razziale non era stata pronunciata dal proprio tesserato nei confronti di un avversario di colore ma era contenuta in una conversazione con altro compagno. L’arbitro, che si trovava nei pressi aveva ascoltato l’espressione ed aveva sanzionato il calciatore mentre il destinatario si trovava a grande distanza da dove avveniva l’accaduto. Il calciatore confermava che aveva proferito un espressione offensiva e di stampo razziale ma solo perché il calciatore avversario aveva segnato in maniera fortunoso. Inoltre l’avversario si trovava ad una distanza di quaranta metri. Quindi la Corte deduceva che “l’offesa non è stata diretta e percepita dal calciatore di colore, ma era contenuta nel contesto di una conversazione a cui questo era estraneo”.
La Corte quindi riteneva che “non si poteva applicare l’art. 11 c. 1 e 2 CGS poiché gli insulti razziali debbono essere rivolti e percepiti direttamente dalla parte offesa”. Quindi sanzionava per la condotta gravemente antiregolamentare il calciatore con una squalifica di 5 giornate.
Le norme che sanzionano il comportamento discriminatorio nel nostro ordinamento sono contenute all’interno dell’art. 11 del Codice di Giustizia Sportiva.
In particolare l’art. 11 ai commi 1 e 2 afferma: “Costituisce comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine etnica, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori.”
Dall’interpretazione data dalla Corte Sportiva d’Appello Territoriali si dovrà, quindi, tener conto della lesività del gesto offensivo. In particolare, secondo la decisione in commento, il commento discriminatorio per poter rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 11 CGS, e quindi sanzionabile con dieci giornate di squalifica, deve essere ascoltato dal diretto interessato. Diversamente il comportamento, pur se discriminatorio, dovrà essere ricondotto all’interno del gesto gravemente antiregolamentare perché contrario allo spirito sportivo.
Questa decisione apre la possibilità di potersi difendere dinnanzi all’accusa di condotta discriminatoria, perché laddove accaduto si potrà dimostrare la tenue lesività dei commenti proferiti nei confronti di un avversario. Così da determinare una sanzione inferiore rispetto a quella disposta dalla norma.