Non sembra trascorso nemmeno un giorno dalla sua ultima panchina nell’Eccellenza laziale. Eppure è passato qualche anno ma Mario Lenzini sembra ancora un giovanotto con una carica esplosiva di un allenatore alle prime armi. Il Ronciglione United, dopo l’esonero di Alessandro Oroni, ha puntato su di lui per provare a risalire la china. L’abbiamo intercettato a Corchiano, dove i ronciglionesi si stanno allenando in vista della ripresa del campionato (6 gennaio c’è il derby col Montalto). Mister Mario Lenzini, come direbbe in gergo romanesco, è ‘carico a pallettoni’ e prepara il suo rientro nei Dilettanti.
Mister Lenzini, si ritorna sul pezzo. Le sue prime sensazioni da nuovo allenatore del Ronciglione United?
“Sono emozionato, contento e stimolato ma la mia non è stata una lunga assenza. In questi anni sono stato in Romagna ed ho collaborato con numerose società del posto oltre a lavorare per il Verona nell’anno di serie B, andavo a vedere le partite delle avversarie”.
Si aspettava la chiamata di Vittorio Giovanale?
“Ci voleva uno come Vittorio per stimolarmi a tornare. Nell’ultimo anno, dopo il mio rientro a Roma, mi erano capitate altre opportunità che avevo declinato. Le cose difficili mi piacciono. Non potevo dire di no ad una squadra del viterbese. Questa è una terra al quale sono molto legato anche per affetti personali”.
Ha visto qualche partita del Ronciglione e dell’Eccellenza? Che campionato ritrova Lenzini rispetto alle tue ultime esperienza di qualche anno fa?
“Ho visto molte partite di questo girone ma del Ronciglione non mi era mai capitato. E’ il campionato che avevo lasciato. Non vorrei dare giudizi affrettati ma credo che il livello sia un po’ più basso di quello che avevo lasciato nella mia ultima esperienza a Ciampino. Non ci sono più quei calciatori che ti colpiscono all’occhio. Complice il fatto che a differenza di qualche anno fa che oltre dieci laziali formano un intero girone di serie D. Però ho visto che si è alzato il livello fisico delle rose. Gli under hanno tolto l’aspetto tecnico”.
Che ambiente ha trovato al suo insediamento qui a Ronciglione?
“Ho fatto una presa di possesso della situazione ieri. Ho trovato un ambiente che ha voglia di fare ed uscire da questo momento difficile ma quando si muovono persone come Vittorio Giovanale ed Ermanno Todini non c’erano dubbi. Ho parlato anche col presidente Serafinelli, Antolini e gli altri gente molto motivata e convinta di poter quantomeno provare a dare la svolta a questo campionato. Ci proveremo tutti insieme. Questo mi dà gli stimoli e la voglia per coltivare la grande passione che ho per questo sport. In questi campionati vedo gente meno innamorata, un ambiente più freddo. Forse pure il cambiamento della vita di oggi”.
Ha chiesto rinforzi alla società?
“Il mercato è chiuso ma uno dei più grandi direttore sportivo, e non lo dico per ‘piangeria’ ma perché lo conosco da vent’anni, saprà come muoversi nel panorama degli svincolati. Sicuramente servirà qualche rinforzo e la società farà di tutto per prenderlo”.
Una domanda che abbiamo iniziato a porre a tutti gli addetti ai lavori che ascoltiamo: direzioni arbitrali non all'altezza della situazione ed, in molti casi, specie nelle categorie minori, violenza sugli addetti ai lavori. Quale può essere una ‘terapia’ per migliorare questo status che va sempre peggiorando?
“Senza divise, senza palloni e senza arbitri non si può giocare a calcio. La cosa più difficile che faccio come allenatore è quella di arbitrare la partitella tra i miei giocatori che litigano già tra di loro. Fare l’arbitro è la cosa più difficile, viene visto come capro espiatorio di tutti i problemi. Parla uno che non è uno stinco di santo, sono uno degli allenatori più squalificati di questa regione. Bisogna restare più calmi, a cominciare dal settore giovanile dove se gli allenatori perdono la testa se cominciano a fare due tre sconfitte di fila. Nel mondo di adesso c’è più esasperazione anche perché il rimborso del calcio diventa sempre più fondamentale per andare avanti. Bisogna rendersi conto che girare da soli in tutta la regione in mezzo a tante persone è una cosa molto difficile. L’importante è non pensare mai alla malafede. Sulle capacità purtroppo si vedono delle cose molto discutibili ma se ci mettono cinque minuti al Var per dare un rigore oppure no allora è tutto più giustificabile”.