Senza calcio da febbraio. A parte la piccola parentesi estiva con l’inizio della preparazione ed un accenno di calcio giocato a settembre per i dilettanti è un 2020 da incubo. Un momento che non si era mai verificato e che sta mettendo da parte le passioni di una vita. Le passioni intramontabili anche per uno dei più esperti della categoria come Giuseppe Iacomini. Con il portiere del Ronciglione United siamo andati a fare due chiacchere per cercare di approfondire questo momento.
Due partite ufficiali in nove mesi. Per Peppe Iacomini come per tutti i calciatori dilettanti abituati alla loro routine settimanale e domenicale quanto è difficile affrontare un 2020 come questo?
“Facevo proprio una riflessione qualche giorno fa e pensavo a quando le persone definiscono questo sport solo un gioco a differenza nostra che l’abbiamo sempre considerato come se fosse la serie A. A livello psicologico questo momento è devastante perché non riusciamo più a ragionare la settimana in funzione della partita. Ci sentiamo persi. Gli umori della nostra vita era condizionati dal risultato della gara e dall’andamento della settimana. E’ veramente difficile adesso riorganizzare le giornate e riorganizzare la propria vita. Ci sono state tante cose belle da fare ma per noi calciatori dilettanti non sono la stessa cosa. Tant’è che quando col mio Ronciglione abbiamo rigiocato con la Pescia Romana dopo un mese di stop a quel gol di Valentini ci sono state tra noi delle urla alle quali non eravamo più abituati. E forse quella è l’esatta dimostrazione di ciò che è per noi il calcio dilettantistico”.
A Ronciglione poi la stagione sembra non essere mai iniziata visti i tre rinvii. Un peccato perché c’era grande entusiasmo e voglia di far bene.
“E’ un peccato grosso perché abbiamo toccato con mano le difficoltà di un gruppo nuovo ed una società rifondata. Purtroppo non abbiamo avuto il tempo di dimostrare il buon lavoro che si stava facendo. Stavamo trovando quell’unione di pensiero e quell’empatia che ci permettesse di rispondere in maniera concreta a quanto di buono si era detto di noi”.
Lo trovi un errore da parte della Federazione aver aspettato ottobre per la partenza del campionato quando ci si poteva avvantaggiare di un mese viste le previsioni di una nuova ondata pandemica?
“Forse l’errore maggiore è quello di aver accettato certi protocolli. La Federazione non ci ha dato nulla ma messo solo regole che non davano reali garanzie e sicurezze. Purtroppo avevamo troppa voglia di ricominciare. Questa cosa però ha permesso di far perdere di credibilità a quel calcio che abbiamo difeso con tutte le nostre armi. Una forzatura che non avremmo dovuto accettare. Mi ci metto anche io tra i colpevoli ma era evidente che i protocolli non fossero all’altezza”.
In questi giorni si è parlato molto dello stop al mondo dello sport e si sono alzate molte polemiche sul silenzio del Comitato Regionale Lazio. Un leader ed un portavoce come Iacomini che idea si è fatto su questa situazione?
“C’è molta confusione. Quando si fanno determinati interventi si dovrebbe coinvolgere tutto il mondo calcistico, dall’Eccellenza alla Seconda Categoria. Con questo non voglio puntare il dito contro nessuno, anzi hanno fatto comunque bene ad accendere la scintilla perché non possiamo stare qui in silenzio ad aspettare. La linea però dovrebbe essere generale ma avere una convergenza a livello di calciatori è impossibile perché le esigenze tra Eccellenza e Seconda sono tantissime e variegate”.
Idee e possibili soluzioni che escono da queste colonne sono tutte ben accette. Come si potrebbe risolvere o portare avanti questa stagione secondo Peppe Iacomini?
“Idee? Come dice il nostro amico Francesco Montesi avremmo dovuto giocare ad anno solare completando a settembre-ottobre la vecchia stagione e nel 2021 iniziarne una nuova con la fine dell’inverno. Questa ormai è fantascienza. Innanzitutto adesso ci servono delle date certe. Ci sono società che si stanno allenando senza uso spogliatoi ed altre come la mia che facciamo allenamento a casa. Abbiamo il bisogno di capire come si evolverà la situazione. Ora c’è da correre ai ripari, serve definire una data e cambiare il protocollo con l’utilizzo dei tamponi rapidi magari convenzionati ad un prezzo minore. Penso che se parleremmo di 10 euro a tampone società e giocatori, anche per una questione di sicurezza personale a livello familiare, sarebbero disposti a suddividersi i costi magari con un piccolo contributo del Comitato come sta già accadendo in serie D. Ripartire adesso è impossibile ma, ripeto, diamoci una data ed organizziamoci per ricominciare in sicurezza ed in modo duraturo. Stesso discorso vale per i bambini che hanno bisogno di stare all’aria aperta e di sognare di diventare i campioni del futuro. Anche qui bisogna trovare una soluzione”.